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Le lavoratrici hanno diritto a 5 mesi di astensione dal lavoro
Se la mamma non ne beneficia, può farlo il padre del bimbo
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio. Se, per vari motivi, la mamma non ne può usufruire, il congedo spetta al padre. Il diritto al congedo e alla relativa indennità sono previsti anche in caso di adozione o affidamento di minori. Vediamo cosa c’è da sapere.
Congedo di maternità: a chi è rivolto
Il congedo di maternità spetta a:
- lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA;
- apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo;
- disoccupate o sospese;
- lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo;
- lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
- lavoratrici a domicilio;
- lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità;
- lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l’aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa;
- lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti ex INPDAP ed ENPALS) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono e da cui percepiscono la relativa indennità, corrispondente al trattamento economico.
Quanto dura il congedo di maternità
L’astensione obbligatoria inizia 2 mesi prima della data presunta del parto e si protrae per i successivi 3 mesi. Cosa diversa è la maternità anticipata che può essere chiesta in caso di gravidanza a rischio o se le mansioni lavorative sono incompatibili col pancione.
Dopo il parto il congedo dura:
- tre mesi e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta ed effettiva;
- tre mesi più i giorni non goduti, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce). Questo anche nel caso in cui la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni compresi tra la data effettiva e quella presunta del parto supera il limite di cinque mesi;
- l’intero periodo di interdizione prorogata disposto dalla Direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).
In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.
Se, dopo il parto, il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa e accertate da attestazione medica.
In caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa.
Congedo di maternità flessibile
La futura mamma che se la sente può decidere per l’astensione obbligatoria flessibile. Ciò significa che può lavorare fino ad un mese prima del parto e rimanere a casa i successivi 4 mesi per accudire il suo piccolo.
L’ultima novità però è stata inserita dalla legge di stabilità 2018. Da quest’anno, si può scegliere di restare al lavoro praticamente fino al parto e fruire dei 5 mesi di maternità interamente dopo aver partorito. Ne abbiamo parlato in dettaglio QUI.
Congedo di maternità in casi speciali
In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla Gestione Separata – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità
Per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per 5 mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione. Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per 3 mesi, anche frazionato su 5 mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.
Congedo di maternità: quanto spetta
Durante i periodi di congedo di maternità, la donna ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità. In genere, si calcola l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo.
Per gli iscritti alla Gestione Separata, se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.
L’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro. È, invece, pagata direttamente dall’Inps con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:
- lavoratrici stagionali;
- operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
- chi lavora nell’ambito dello spettacolo saltuarie o a termine;
- mamme lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
- donne lavoratrici disoccupate o sospese;
- lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che non hanno scelto il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio CA2G.
Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata il pagamento è sempre effettuato direttamente dall’Inps.
Presentazione domanda per congedo di maternità
Per tutte le informazioni sulla presentazione dell’istanza per l’astensione obbligatoria dal lavoro, si può andare sul sito dell’Inps (QUI).
Congedo di paternità alternativo a quello di maternità
Il congedo di paternità è riconosciuto quando si verificano eventi che riguardano la madre del bambino. Spetta in caso di:
- morte o grave infermità della madre. Quando fa domanda, il padre indica gli estremi della madre e la data del decesso. La certificazione sanitaria di grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’Inps, allo sportello o a mezzo raccomandata;
- abbandono del figlio o mancato riconoscimento del neonato da parte della madre, da attestare con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità;
- affidamento esclusivo del figlio al padre.
In caso di adozione o affidamento di minori, oltre agli eventi sopra riportati, il congedo di paternità è fruibile dal padre a seguito della rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.
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