La proposta è al vaglio del governo, ma sta già facendo discutere

In questo modo, la mamma potrebbe stare a casa 5 mesi dopo il parto

Congedo di maternità, si cambia. La manovra economica al vaglio del governo e che sarà approvata entro la fine dell’anno potrebbe contenere una grossa novità: dal prossimo anno, le donne in gravidanza potranno lavorare sino al nono mese e godersi quindi tutti i 5 mesi di astensione dopo il parto. La proposta della Lega ha già ricevuto il via libera da parte della Commissione bilancio della Camera, ma sta già suscitando qualche perplessità. Vediamo perché.

Come funziona il congedo di maternità

Ogni lavoratrice ha diritto ad un periodo di astensione dal lavoro a cavallo del parto. Si tratta di 5 mesi che possono essere suddivisi in modo diverso:

  • due prima del parto e tre dopo.
  • Uno prima del parto e quattro dopo.

La scelta dipende dal tipo di lavoro che si fa e, in generale, dalle condizioni della donna durante la gravidanza. Il compenso corrisponde alll’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità. Questo solitamente corrisponde all’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo.

La cifra viene anticipata dal datore di lavoro in busta paga e sarà poi restituita dall’Inps. Per alcune categorie professionali (tipo lavoratrici stagionali, operaie agricole, disoccupate, colf e badanti) la somma viene erogata direttamente dall’istituto previdenziale.

Anche le donne che svolgono attività libero-professionale e che sono iscritte alle gestioni separate delle casse previdenziali hanno diritto al congedo seppure con modalità talvolta differenti.

Congedo di maternità: cosa cambia

La Lega ha presentato un emendamento alla Manovra che, se sarà approvato in via definitiva, introdurrà un cambiamento fondamentale: le donne in dolce attesa potranno rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza. In questa maniera, usufruiranno della maternità solo nei 5 mesi successivi alla nascita del bambino.

Chiaramente questa innovazione ha pro e contro. Un vantaggio è sicuramente quello di poter crescere il proprio figlio per un bel po’ di tempo prima di rientrare al lavoro (in alcuni casi, le mamme sono costrette a rientrare quando i piccoli hanno appena tre mesi, che sono davvero pochi). Tra gli svantaggi c’è la fatica di dover comunque lavorare praticamente fino al parto, con tutto ciò che ne consegue in termini di spostamenti, fatica etc.

Il nulla osta del medico

Se una donna decide di lavorare fino al termine della gravidanza sarà necessario il parere positivo da parte del medico del Servizio sanitario nazionale (il che significa che deve lavorare in una struttura pubblica oppure essere convenzionato con il Ssn).

Il medico deve attestare che la mansione svolta dalla mamma non provoca alcun rischio né alla donna né al bambino e che dunque non c’è nessuna controindicazione a lavorare fino al nono mese.

Cosa dice il testo dell’emendamento

Ecco quello che propone la Lega: “È riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro”.

Un provvedimento che fa discutere

La novità ha acceso subito il dibattito e non è da escludere che ci possano essere improvvisi dietrofront sull’onda di alcune polemiche: per avere la certezza del provvedimento bisognerà aspettare l’approvazione definitiva della legge di stabilità (esattamente la stessa cosa del Bonus bebè).

In particolare, l’idea leghista non è piaciuta a Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della Cgil: secondo lei, questa norma potrebbe essere profondamente discriminatoria per le donne. “La maternità non si sostiene facendo scomparire l’obbligo di astensione dal lavoro prima della nascita – ha scritto in una nota -, così non si garantisce la libertà alle lavoratrici, né tantomeno si tutela la salute della gestante e quella del nascituro. Per queste ragioni l’emendamento alla manovra della Lega dedicato alle politiche della famiglia, approvato dalla commissione Bilancio della Camera, va immediatamente modificato.
“Quanto proposto – ha concluso la sindacalista – mina la libertà delle donne, soprattutto di quelle più precarie e meno tutelate, che in Italia, purtroppo, sono sempre più numerose e rischierebbero così di trovarsi di fronte a veri e propri ricatti del datore di lavoro”.

I prossimi giorni dunque saranno determinanti per capire cosa succederà.