Se è troppo o se invece è scarso, è necessario fare attenzione.

I due disturbi più frequenti sono il polidramnios e l’oligoidramnios e si verificano per lo più nel terzo trimestre 

Il liquido amniotico è il migliore amico del bimbo nella pancia della mamma: lo protegge da traumi e infezioni, lo culla e lo tiene al caldo. Inoltre, permette al piccolo di allenare i polmoni e l’apparato urinario. Insomma, la sua utilità è indubbia ed è quindi normale che, durante i controlli, il ginecologo verifichi che anche il liquido amniotico sia ok.

Talvolta, infatti, e soprattutto alla fine della gravidanza, può insorgere qualche problema di liquido amniotico e, in genere, si tratta della sua quantità. Ecco cosa succede se c’è troppo liquido o, al contrario, se è eccessivamente scarso.

Quando la quantità di liquido amniotico è elevata (superando i due litri circa) si parla di polidramnios. Solitamente, questa complicanza si presenta nel terzo trimestre. Il medico può sospettarla se riscontra un volume dell’utero nettamente superiore a quello che dovrebbe essere nell’epoca gestazionale.

Altri segnali che possono far pensare ad un aumento eccessivo di liquido amniotico sono la parete uterina tesa, difficoltà ad analizzare le parti fetali, disturbi respiratori (per la pressione esercitata sul diaframma) o urinari (per la possibile compressione degli ureteri). L’ecografia è lo strumento indispensabile per la diagnosi e il controllo.

Le cause possono essere varie, ma nella metà delle volte è impossibile individuarle. L’eccesso di liquido amniotico può essere provocato da diabete o dall’immunizzazione antiRh (si fa in alcuni casi specifici per evitare la produzione di anticorpi materni contro i globuli rossi fetali). Le gravidanze gemellari sono più a rischio di polidramnios e anche alcune malformazioni possono essere causa di questa complicanza, ma è un’eventualità più rara.

Non esiste una terapia specifica per contrastare l’eccesso di liquido amniotico, che può comportare un parto prematuro. Ovviamente sarà necessario tenere sotto controllo la situazione in maniera costante e gradualmente si può eliminare parte del liquido in più attraverso un piccolo catetere.

Si parla invece di oligoidramnios quando la quantità di liquido amniotico è nettamente inferiore a quella considerata normale. In realtà, il volume massimo viene raggiunto intorno alla 36esima settimana. In seguito, tende a diminuire e il calo è accentuato dopo la 40esima settimana. Ecco perché i controlli sono più serrati quando si arriva a termine.

Le cause più frequenti di diminuzione di liquido amniotico sono la rottura delle membrane (che implica una perdita costante di liquido, senza che la donna se ne accorga e senza che il travaglio si attivi), la gravidanza protratta a lungo, i dolori renali (tipo coliche), l’ostruzione delle vie urinarie e l’insufficienza placentare.

Il ginecologo può sospettare l’oligoidramnios quando il volume uterino è inferiore alla norma, con pareti molto addossate al feto e movimenti del bambino che possono addirittura far male. Anche in questo caso, l’ecografia potrà confermare o meno l’ipotesi del medico.