La scelgono sempre più donne, ma bisogna informarsi bene.
Chi desidera farla deve sottoporsi ad una accurata visita con l’anestesista prima del parto
Epidurale sì o no? Durante la gravidanza, quasi ogni donna incinta ad un certo punto si pone il problema della partoanalgesia. I dubbi da sciogliere sono tanti (esempio: ma le contrazioni si sentono comunque?) ed è giusto prendere tutte le informazioni per arrivare ad una scelta. Perché se sulla modalità di parto (naturale o cesareo) sarà il ginecologo a decidere, sull’anestesia peridurale sarà la futura mamma.
Sono sempre di più le donne che scelgono l’epidurale per partorire in modo meno doloroso e più sereno. Per dare una risposta a tutte, da qualche anno, questa metodica è stata inserita nei Livelli essenziali di assistenza, cioè è a carico del Sistema sanitario nazionale.
Chi decide di farla durante il parto, qualche settimana prima della data presunta farà una visita anestesiologica vera e propria, come quelle che si fanno prima degli interventi chirurgici. L’anestesista dovrà analizzare le condizioni di salute in genere, conoscere la storia medica della paziente, valutare se ci sono particolari allergie, ad esempio a farmaci.
Un chiarimento. L’epidurale non viene fatta alla prima contrazione, ma a travaglio già avviato. Questo perché non è certo possibile prendere farmaci in maniera continuativa per molte ore. Quindi, l’ostetrica e il ginecologo attenderanno un po’ prima di fare l’epidurale. In genere (ma non è una regola) si attendono i 4-5 centimetri di dilatazione. Al contrario, se il parto è ormai imminente, potrebbe essere troppo tardi per farla.
Come si esegue. L’anestesista inserisce un piccolo catetere nello spazio epidurale, cioè una zona del canale vertebrale nella parte più bassa della schiena. La donna è seduta, con la testa piegata in avanti, dando le spalle all’anestesista. Attraverso un ago poi inserirà il catetere e inizierà ad iniettare gli analgesici.
Di solito, i farmaci fanno effetto in un quarto d’ora circa: le contrazioni continuano ovviamente ad esserci e saranno comunque percepibili, ma in maniera nettamente meno dolorosa. La partoriente potrà muoversi e camminare liberamente. Questo le permetterà di rilassarsi, ma di sentire comunque lo stimolo a spingere, anche se un po’ attutito. L’epidurale può essere rinforzata nel corso del travaglio, nel caso in cui l’effetto dovesse diminuire.
Ci sono alcune situazioni in cui la partoanalgesia potrebbe non essere garantita: ad esempio, in caso di infezione in corso con febbre, di alterazioni della coagulazione (ecco perché è necessario fare degli esami del sangue prima), di gravi patologie neurologiche, di sfavorevole conformazione della schiena che rende impossibile la collocazione del catetere.
Come ogni altra procedura medica, anche l’anestesia epidurale può dare qualche complicanza. Sono rare, ma ci sono e l’anestesista deve dare tutte le informazioni anche sugli eventuali effetti collaterali. Tra le reazioni avverse ci possono cefalea, formicolii e tremori alle gambe, dolore o sciatalgia. Per il bambino invece nessun problema: i farmaci utilizzati sono innocui per il feto.
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