Ne esistono due tipi: uno per disoccupate e uno per lavoratrici precarie.

Il primo viene elargito dall’Inps ma è a carico del Comune, al secondo pensa direttamente lo Stato 

Tra i vari aiuti economici per le donne che mettono al mondo un figlio c’è anche l’assegno di maternità. Ne esistono due forme principali, diverse tra loro e non cumulabili: una è destinata alle mamme disoccupate o casalinghe, l’altra invece alle lavoratrici che però si trovano in una situazione di precarietà. Vediamo nel dettaglio.

L’assegno di maternità può essere offerto dal Comune di residenza o dallo Stato. Il primo viene elargito dall’Inps ma è a carico del Comune ed è destinato alle donne disoccupate. Il secondo invece è stato pensato per chi lavora ma non in maniera stabile ed è concesso direttamente dallo Stato. Questo assegno può essere concesso anche ai papà con un lavoro precario oppure ai genitori adottivi. Gli assegni vengono erogati per ogni figlio, mentre non si possono ricevere se si è usufruito di congedo parentale.

Per il 2017 la somma dell’assegno di maternità del Comune è di 338,69 euro per 5 mesi. La cifra complessiva quindi è di 1.694,95 euro, concessi in un’unica soluzione dal Comune di residenza.

Requisiti per l’accesso all’assegno comunale sono:

  • essere disoccupate o non aver maturato, negli ultimi 18 mesi, almeno 3 mesi di contributi;
  • residenza nel Comune in cui si fa richiesta;
  • aver partorito o adottato un bambino dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017.
  • reddito Isee pari a 16.955,95 euro;
  • non avere alcuna copertura previdenziale o averla entro un determinato importo fissato annualmente;
  • non essere già beneficiarie di altro assegno di maternità dell’Inps.

Entro 6 mesi dalla nascita o dall’adozione, la domanda va presentata al Comune di residenza tramite patronato, mentre il contributo viene pagato dall’Inps.

Ecco i requisiti per l’assegno di maternità dello Stato (per lavoratrici):

  • essere residenti in Italia ed essere cittadini italiani, comunitari o extracomunitari.
  • almeno 3 mesi di contributi versati per maternità negli ultimi 18 mesi e 9 mesi prima del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia in caso di adozione.
  • donne in disoccupazione NASPI, mobilità o in cassa integrazione: se la mamma lavoratrice perde il lavoro, ma ha svolto l’attività per almeno 3 mesi ed ha quindi ottenuto il diritto alle prestazioni previdenziali o di assistenza, il periodo massimo che può intercorrere tra la perdita del lavoro e la data effettiva del parto non può essere superiore ai 9 mesi. Per cui, tra l’ultima indennità pagata dall’Inps e la data del parto non possono passare più di 9 mesi.
  • donne licenziate o che si sono licenziate: se, durante la gravidanza, la donna cessa il contratto di lavoro anche per dimissioni volontarie, per ottenere l’assegno di maternità dello Stato deve far valere 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi prima del parto.
  • donne in gestione separata: per avere diritto all’assegno di maternità servono 3 mesi di contributi versati nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio ordinario, ossia dall’ottavo mese di gravidanza, o anticipato in caso per esempio di gravidanza a rischio.
  • l’assegno di maternità dello Stato spetta anche ai padri separati in caso di affidamento esclusivo e ai padri in caso di morte o di abbandono della madre. L’importo è di 338,69 euro per 5 mesi. La cifra complessiva quindi è di 1.694,95 euro.

La domanda di assegno di maternità dello Stato va fatta entro 6 mesi dal parto o dall’ingresso in famiglia del bambino in caso di adozione o affidamento. Va fatta per via telematica sul sito dell’Inps. Si può anche telefonare al numero verde 803-164 da rete fissa o allo 06-164164 da cellulare. Ci si può anche far assistere da un Caf o da un patronato.

Altre informazioni su www.inps.it.