Alcuni tipi possono comportare problemi di infertilità.

Se compaiono in gravidanza non sempre danno disturbi. Però bisogna fare attenzione

I fibromi uterini costituiscono la patologia più comune in ambito ginecologico: si calcola che nel corso della vita ne soffrano 3 donne su 4. Secondo le più consolidate evidenze scientifiche, l’incidenza dei fibromi (chiamati anche miomi) varia dal 5,4% al 77% a seconda dell’età della paziente.

In Italia, si stima una prevalenza nella popolazione femminile tra i 30 ed i 60 anni di circa il 25%. Dati importanti per il loro impatto sulle decisioni terapeutiche: quanto più una paziente è giovane, tanto più è consigliabile intervenire presto per rimuovere il fibroma, mentre nella donna in menopausa i miomi sono meno impegnativi.

Sebbene i fibromi uterini di solito non siano pericolosi e nella maggior parte dei casi non diano sintomi, possono portare a complicazioni come mestruazioni abbondanti, perdite rilevanti tra un ciclo e l’altro, anemia (a causa delle perdite di sangue), dolore pelvico, senso di peso nella parte più bassa dell’addome.

Ma la cosa che probabilmente crea le maggiori conseguenze è il fatto che i miomi possono avere un impatto negativo sulla fertilità e interferire con il desiderio di procreare. Infatti, la presenza del fibroma altera la regolare anatomia e funzionalità dell’utero, andando ad agire negativamente nelle fasi di concepimento ed impianto della gravidanza.

Esistono vari tipi di fibromi:

intramurali: si sviluppano all’interno della parete muscolare dell’utero;
peduncolati: si sviluppano sia sulla parete esterna che su quella interna dell’utero e sono fissati all’utero stesso esclusivamente attraverso un sottile filamento (peduncolo);
sottomucosi: si sviluppano dalla parete interna e sporgono all’interno dell’utero (nella cavità uterina);
sottosierosi: si sviluppano dalla parete esterna dell’utero e sporgono nella pelvi.

Tra le varie tipologie esistenti, i fibromi sottomucosi sono quelli maggiormente correlati con l’infertilità e rappresentano il 5-10% di tutti i casi. Inoltre, aumentano il rischio di complicanze durante la gravidanza come la minaccia d’aborto, il distacco di placenta, il parto pretermine ed un aumentato ricorso al taglio cesareo.

L’orientamento comune per i miomi sottomucosi è la rimozione per via isteroscopica prima di affrontare la gravidanza. Per quelli intramurali o sottosierosi, invece, vi sono comportamenti contraddittori in letteratura scientifica: non tutti sono d’accordo sul rapporto negativo tra la presenza di questi miomi e una gravidanza. Alcuni autori indicano la rimozione nel caso in cui il mioma sia di 4-5 cm perché potrebbe alterare la contrattilità del muscolo uterino e quindi rendere difficile la gestazione.

Attualmente non esiste una terapia farmacologica risolutiva per i fibromi: esistono alcuni farmaci (analoghi dei GNRH o ulipristal acetato), anticoncezionali ormonali o delle tecniche ad ultrasuoni ma sono una percentuale molto ridotta. I farmaci hanno l’effetto di ridurre le dimensioni del mioma, ma è un effetto transitorio. Questo tipo di farmaci viene spesso usato per le pazienti in età fertile come fase preparatoria all’asportazione chirurgica: prima si attende che con tale terapia si riducano le dimensioni del mioma e dopo 2-3 mesi si procede con l’intervento.

La tecnica isteroscopica di “enucleazione con ansa fredda” è riconosciuta scientificamente in tutto il mondo ed utilizzata nei centri con maggiore esperienza (Bologna, Abano Terme, Palermo, Arezzo, Roma, Milano). Si tratta di un approccio mininvasivo e che dà ottimi risultati. Le altre tecniche vengono eseguite per via laparoscopica o addominale.

E se i fibromi si scoprono durante la gravidanza? Non sempre questo è un guaio. Tutto dipende molto da dove è collocato il mioma. Quelli nel fondo dell’utero danno meno problemi rispetto a quelli che si sviluppano verso il collo dell’utero (la conseguenza spesso è un’anomala presentazione del bambino al parto, che rende necessario il cesareo). Quelli sottomucosi possono ridurre le possibilità di impianto dell’embrione.