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Le indicazioni mediche a questo intervento non sono molte
Viene proposto se ci sono rischi per la mamma o il bambino
L’Italia è uno dei Paesi in cui ancora molto spesso si ricorre al parto cesareo e le percentuali di questa pratica sono ancora piuttosto elevate, anche se esistono delle forti differenze a livello regionale. Eppure, l’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea che, per garantire il massimo alla futura mamma, si dovrebbe favorire quanto più possibile il parto naturale.
In alcuni casi specifici però il cesareo è una specifica esigenza. Se sussistono rischi per la donna oppure per il bambino, i medici lo propongono come necessità e viene quindi programmato. A volte, invece, succedono episodi che lo rendono indispensabile e urgente, magari mentre già si è in travaglio.
Non bisogna mai dimenticare che si tratta di un intervento chirurgico a tutti gli effetti, con i rischi che esso comporta. Desiderare il cesareo per non provare i dolori delle contrazioni o delle lacerazioni sembra quasi la via più “comoda” per mettere al mondo il proprio bambino, ma non è così: la ripresa di una vita normale può essere anche più difficile e lunga. Ed è giusto che il proprio medico evidenzi tutto quello che si può fare per ridurre il dolore e affrontare il parto con maggiore serenità.
Cesareo: quando è necessario
Come accennato, in alcune circostanze (che non sono molte) i medici non hanno dubbi: il parto cesareo va programmato perché con il naturale i rischi per mamma e bebè potrebbero essere troppo alti.
L’Istituto superiore della sanità ha messo insieme in un documento tutte le informazioni derivanti da importanti studi scientifici che sono stati oggetto di una precisa analisi da parte di esperti del settore: ginecologi, ostetriche, anestesisti, medici di medicina generale, neonatologi, psicologi e altri.
In linea di principio tutti sono d’accordo: quando è possibile, il parto naturale è da preferire. In alcuni casi però il parto cesareo può essere necessario:
- posizione podalica del feto: se alla fine della gravidanza il bambino non è cefalico (cioè a testa in giù).
- Placenta previa: è una condizione per cui la placenta copre completamente o parzialmente il passaggio del bambino nel canale del parto.
- Diabete della mamma e/o stimata macrosomia del feto: se c’è diabete gestazionale oppure se si pensa che il bambino abbia un peso superiore ai 4-4,5 chili.
- Malattie infettive della donna: è consigliabile il cesareo in caso di patologie quali herpes simplex o Hiv che potenzialmente potrebbero contagiare il bambino al momento del parto.
- Gravidanza monocoriale e monoamniotica: è un tipo raro e particolare di gravidanza gemellare, caratterizzata da un’unica placenta e un solo sacco amniotico e che presenta rischi in più.
Situazioni di sofferenza fetale possono sicuramente indurre i medici a procedere con un taglio cesareo, ad esempio se il battito cardiaco del feto rallenta durante il travaglio oppure se ci sono acque tinte di meconio o un distacco di placenta. Ma questi sono i casi urgenti, cioè non programmati.
Parto cesareo: i casi particolari
In altre circostanze, il medico valuta con attenzione se procedere col cesareo oppure no:
- feto piccolo per età gestazionale.
- È prevista una sproporzione cefalo-pelvica (testa del bambino grande rispetto alla larghezza del bacino della mamma).
- Presentazione podalica di uno dei feti in caso di gravidanza gemellare.
Bisogna ricordare sempre che un ginecologo non metterebbe mai in pericolo la vita di una mamma o di un bimbo, quindi prenderà sempre la decisione migliore per entrambi.
Parto cesareo: le false indicazioni
Si potrebbe pensare che in alcune situazioni possa essere necessario ricorrere al cesareo, mentre invece non è così:
- parto pretermine: se il travaglio si avvia prima del tempo, non è affatto detto che si debba intervenire chirurgicamente. La scelta verrà fatta sulla base delle valutazioni del medico, ma non è provato che il cesareo sia la via più sicura.
- Gravidanza gemellare: se si aspettano gemelli non è scontato che si partorirà con un cesareo, anche se è vero che ciò avviene molto più spesso del parto naturale. Questo ad esempio perché i piccoli non sono in posizione oppure perché c’è un ritardo di crescita.
- Precedente taglio cesareo: anche questa è una falsa indicazione. Esiste infatti la possibilità del cosiddetto “Vbac” ovvero del parto per via vaginale dopo un cesareo. Anche in questo caso ci sono indicazioni particolari, ma è bene sapere che è una chance che esiste e cui la donna ha diritto.
Cesareo programmato: quando e dove farlo
Secondo le raccomandazioni dell’Istituto superiore della sanità, se non ci sono particolari complicanze, il parto cesareo andrebbe programmato non prima della 39esima settimana. Spesso capita però che la data fissata sia antecedente a questo “termine”, ma è una cosa che dipende sempre dalle valutazioni del ginecologo. Di solito, non si va oltre le 38 settimane per evitare che il travaglio si avvii spontaneamente e che si debba intervenire con urgenza.
È sempre consigliabile sottoporsi a questo intervento in strutture che siano in grado di far fronte a qualunque esigenza della mamma o del bambino. Quindi, per esempio, è opportuno che l’ospedale o la casa di cura abbiano un reparto di neonatologia o una Unità di terapia intensiva neonatale.
Cosa si fa prima di un parto cesareo
In caso di cesareo programmato, qualche giorno prima viene fatto il cosiddetto prericovero: ricordiamo che è un intervento chirurgico vero e proprio, quindi nulla può essere lasciato al caso, ma tutto deve essere in ordine (esami, ovetto e navicella, borsa del bambino e della mamma, precauzioni igieniche come la depilazione dell’inguine o generali come l’assunzione di integratori di collagene per favorire la guarigione della ferita dopo il parto, organizzazione degli eventuali altri bimbi a casa in assenza della mamma etc.).
Oltre ad un prelievo di sangue, si fa la visita ostetrica con ecografia, quella con l’anestesista e un elettrocardiogramma per valutare lo stato generale di salute della mamma.
In genere, il ricovero avviene il giorno stesso dell’intervento o quello precedente. La degenza dura in media 4 giorni, ma può dipendere dall’ospedale e dalla ripresa della mamma dopo il parto.
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