Secondo le istituzioni sono poche le donne che iniziano precocemente

I folati sono fondamentali per evitare alcune malformazioni congenite

Non esiste donna che desidera un figlio o che sia incinta che non conosca i benefici e l’importanza dell’acido folico. Eppure, secondo i dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità, sono ancora poche quelle che cominciano ad assumerlo prima del concepimento in maniera corretta. Iniziare presto significa avere maggiore protezione da alcune patologie anche piuttosto serie. Acido folico: scopriamo dunque a cosa serve. 

Acido folico: cos’è

L’acido folico è una vitamina del gruppo B (nello specifico vitamina B9). L’organismo utilizza l’acido folico per produrre nuove cellule e gioca un ruolo fondamentale nei processi di proliferazione e differenziazione, come i tessuti embrionali. Ecco dunque perché è così importante soprattutto nelle prime settimane di gestazione, quando lo sviluppo cellulare è velocissimo.

Acido folico: a cosa serve

La vitamina B9 serve per la prevenzione di alcune patologie, in particolare i cosiddetti difetti del tubo neurale, un gruppo di malattie congenite. La più famosa di queste è la spina bifida, caratterizzata da un’esposizione all’esterno del tessuto nervoso del midollo spinale e delle meningi. Ogni anno nel mondo 300.000 bambini sviluppano questo tipo di difetti.

L’acido folico contribuisce anche alla formazione dell’emoglobina. Da alcuni studi è emerso che i folati svolgono un’azione protettiva anche contro malformazioni congenite cardiache e la labio-palatoschisi. Sarebbero anche coinvolti nello sviluppo cerebrale del feto. Infine, è stato dimostrato che le donne che assumono acido folico regolarmente hanno un rischio molto ridotto o addirittura azzerato di andare incontro a depressione post partum. 

Acido folico: dove si trova 

I folati esistono già in natura in parecchi alimenti. Si trovano principalmente nei vegetali a foglia verde, ma non esclusivamente: spinaci, cavoletti di Bruxelles, asparagi, broccoli, carciofi, frutta secca e fresca (castagne, pistacchi, mandorle, arance, pompelmi), fegato (di vitello o di maiale), uova, prosciutto, petto di pollo. In minima parte, sono contenuti anche in alcuni formaggi, nel latte e nel pesce, ma si tratta di percentuali veramente basse.

La cottura di questi alimenti distrugge i folati fino al 90%. Praticamente non rimane nulla. I folati sono vitamine idrosolubili (si disperdono a contatto con l’acqua), sensibili al calore, alla luce, all’aria e all’acidità. È dunque necessario assumere acido folico con un integratore.

Quanto acido folico si deve assumere 

Il fabbisogno giornaliero di acido folico è di 0,2 mg al giorno. Questo quantitativo però deve essere aumentato in gravidanza. Per essere precisi va raddoppiato a 0,4 mg al giorno perché il feto assorbe anche le riserve materne di acido folico. 

L’acido folico è raccomandato a partire dal concepimento fino a tutto il primo trimestre. I ginecologi però spesso lo consigliano per tutta la gravidanza e anche durante l’allattamento. Di certo male non fa. 

Quale integratore di acido folico scegliere 

Assumere acido folico di qualità può fare la differenza durante la gravidanza. Il folato di quarta generazione si chiama Quatrefolic e si distingue dall’acido folico tradizionale perché si tratta della sua forma attiva. Questo significa che, essendo altamente idrosolubile, è anche biodisponibile e già attivo dopo l’assorbimento in quanto non deve essere metabolizzato.

L’assunzione della forma attiva di Quatrefolic permette il completo utilizzo del quantitativo assunto, senza pericolo di accumuli di metaboliti, che si formano durante il processo fisiologico di metabolizzazione dell’acido folico. Questo significa che si tratta di un prodotto più sicuro ed efficace. Insomma, il migliore integratore di acido folico. 

Acido folico: i dati dell’Istituto superiore della sanità

Come detto all’inizio, sono ancora poche le donne che cominciamo l’assunzione di acido folico nel periodo preconcezionale. È uno dei dati del Sistema di Sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia, coordinato dall’Istituto superiore della sanità, a cui partecipano 11 regioni. Il progetto è promosso e finanziato dal ministero della Salute.

Lo studio ha coinvolto circa 30.000 mamme incontrate nei centri vaccinali tra dicembre 2018 ed aprile 2019.

In base ai dati dello studio, la quasi totalità delle mamme (93,8%) riferisce di non aver fumato in gravidanza, la maggioranza (64%) mette a dormire il proprio bambino a pancia in su nel rispetto di quanto raccomandato per prevenire la morte improvvisa in culla e l’80,5% intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate.

Risulta invece alta la percentuale di bambini potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della convivenza con almeno un genitore e/o un’altra persona fumatrice (41,9%).

E veniamo all’acido folico. Quasi tutte le mamme (97,3%) lo hanno assunto in occasione della gravidanza, ma poche (21,7%) lo hanno fatto in maniera appropriata iniziandolo almeno un mese prima del concepimento. Quest’ultimo dato però ha registrato una variabilità per regione compresa tra il 16,7% e il 35,7%.