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Alcune rinunce a tavola sono necessarie per la salute del feto
No ai prodotti crudi, a meno che non si sia immuni alla toxoplasmosi
La maternità comporta inevitabilmente alcune rinunce. Si dorme meno. Si hanno meno spazi per sé. E si preferisce comprare un vestitino al piccolo piuttosto che un rossetto alla moda. Tutto calcolato e assolutamente “tollerato” perché non c’è madre che non farebbe qualsiasi cosa per il figlio. I “sacrifici” iniziano già durante la dolce attesa. Un classico esempio sono alcuni cibi che, almeno per 9 mesi, devono essere messi da parte. Tra questi ci sono vari insaccati. Come comportarsi quindi con i salumi in gravidanza? Quali sono vietati? Perché? Vediamo di fare un po’ il punto.
Salumi in gravidanza: quali sono proibiti
Entriamo subito nel cuore dell’argomento. I salumi “out” dalla dieta di una futura mamma sono quelli crudi. L’unica eccezione a questa “regola” è che lei sia immune alla toxoplasmosi, che è il rischio che si corre mangiando cibi crudi. Essere immuni significa averla già presa un volta.
In gravidanza, quindi, no a:
- prosciutto crudo.
- Salame.
- Salsiccia cruda.
- Pancetta.
- Speck.
- Bresaola.
- Capocollo.
Insomma, qualsiasi insaccato non sottoposto a cottura va evitato. Altri processi (come l’affumicatura, la salatura o la stagionatura) non sono sufficienti a ridurre il rischio di contrarre l’infezione da toxoplasmosi. I salumi crudi possono essere mangiati solo se vengono cotti ad alta temperatura. Il calore elevato (dai 70 gradi) infatti è capace di distruggere l’agente patogeno della toxoplasmosi.
Salumi in gravidanza: quali mangiare
È dunque facile intuire quali sono i prodotti che si possono consumare serenamente in gravidanza se non si è immuni alla toxoplasmosi:
- prosciutto cotto.
- Mortadella.
- Salumi di pollo e tacchino (come la fesa).
- Wurstel (bolliti o grigliati).
- Porchetta (però è veramente molto, molto grassa).
Il rischio dei salumi crudi: la toxoplasmosi
La toxoplasmosi è una malattia infettiva animale trasmissibile all’uomo. La causa è un protozoo, il Toxoplasma gondii. I gatti e altri felini sono ospiti definitivi del protozoo: nelle cellule dell’intestino di questi animali, il protozoo produce le oocisti infette che possono essere eliminate nell’ambiente attraverso le feci e infettare terreni, acqua e altri animali a sangue caldo compreso l’uomo.
Come si trasmette la toxoplasmosi
Nell’uomo il contagio può avvenire attraverso quattro vie di trasmissione:
- ingestione di cisti attraverso carni crude e poco cotte.
- ingestione di oocisti escrete dai gatti e contaminanti acqua e terreno (incluse frutta e verdura mal lavata e contaminata con le feci dei gatti);
- trasmissione madre-figlio, quando l’infezione primaria si verifica durante la gestazione;
- trasfusione di sangue infetto.
Uno studio europeo ha concluso che il consumo di carne cruda e poco cotta è la principale fonte di contagio in gravidanza. Il contatto con il terreno contaminato è invece responsabile di una percentuale molto inferiore di infezioni.
Toxoplasmosi in gravidanza
Il Toxo-test è uno dei primissimi esami che il ginecologo prescrive ad una donna incinta. Serve a capire se la futura mamma ha già contratto l’infezione in passato oppure se non è immune. Da lì dipendono tutte le norme igieniche fondamentali: no alla carne cruda, lavare benissimo frutta e verdura se non vengono cotte, evitare di cambiare la lettiera del gatto o comunque farlo usando dei guanti in lattice. Il Toxo-test viene ripetuto di routine durante la gestazione.
La toxoplasmosi è certamente più seria nel primo trimestre, ma ciò non significa che negli altri due vada sottovalutata. Se contratta ad inizio gravidanza, può provocare aborto, morte fetale, ritardo di accrescimento intrauterino. Nel secondo trimestre può provocare danni neurologici (idrocefalo, microencefalia, calcificazioni intracraniali) o oculistici (retinocoroiditi, strabismo, cecità), epilessia, ritardi psicomotori e mentali. Se contratta nel terzo trimestre, il neonato è apparentemente sano, ma può sviluppare tardivamente (anche dopo anni) i problemi neurologici e oculistici.
Salumi in gravidanza: i consigli
I salumi non rientrano esattamente nella classificazione dei “cibi sani”. Essendo carni lavorate sono tra gli alimenti da mangiare una volta ogni tanto. Inoltre, sono particolarmente ricchi di calorie, grassi, sale (aumenta la ritenzione idrica e favorisce l’ipertensione) e altre sostanze (nitriti, nitrati e, in alcuni casi, conservanti) che bene non fanno. E questo vale sia in gravidanza che non.
È utile quindi non eccedere mai con questi prodotti, ma limitarsi ad un paio di porzioni da 50 grammi alla settimana. Quando possibile, ad esempio con il prosciutto cotto, è opportuno togliere il grasso in eccesso. Rispetto a quelli di maiale, i salumi di pollo e tacchino sono più leggeri e digeribili.
Per essere proprio tranquille, bisognerebbe accertarsi che salumi crudi e cotti vengano affettati in macchine diverse. È però abbastanza utopistico che ciò accada. Per avere il massimo della sicurezza è meglio comprare prodotti già tagliati e imbustati, quelli per intenderci che si trovano nel banco frigo al supermercato.
Salumi e pizza: che fare? Dipende. Se sono aggiunti al condimento fin dall’inizio il problema non si pone. Se invece vengono messi sulla pizza alla fine della cottura, come il crudo e la bresaola, potrebbero non raggiungere la temperatura che uccide il protozoo. Quindi, è meglio evitare.
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